Dicono di me...
«Un romanzo che si legge tutto d’un fiato. Marconi è un talento vero»
Giampaolo Pansa
«Il ritmo di Marconi è vorticoso come un action-movie»
Pietrangelo Buttafuoco, Il Foglio
«Un racconto (…) che affronta snodi cruciali della Storia, contemporanea o non, all’insegna di una scrittura che mescola elementi realistici con invenzioni fantastiche, analizza pagine più o meno note del passato e del presente, spazia agilmente, senza alcun timore reverenziale, fra generi, sotto-generi, contaminazioni e disseminazioni. Il tutto nel quadro di una rivisitazione della forma/romanzo da un lato indifferente agli strali di quarant’anni di critica de-strutturante, dall’altro ostile al soggettivismo dell’autore/sciamano, sempre comunque tributaria della grande tradizione ottocentesca dei Balzac, dei Dickens, dei Dostoevskji»
Giancarlo De Cataldo, L’Unità
«Serviva il coraggio corsaro di Marconi – oggi tra l’altro direttore della rivista Area – per violare l’interdetto e colmare la lacuna. L’ha fatto da par suo, cioè da scrittore vero, che è riuscito nel più arduo degli artifici: raccontare attraverso gli occhi e la sensibilità dei contemporanei, rifuggendo le scorciatoie da fiction in costume, nelle quali tutto è riportato all’oggi, salvo i fondali, come in tante sopravvalutate prose di stagione».
Renato Besana, Il Giornale
«Ma l’aspetto più valido del testo è il senso dell’epos, per certi versi simile a quello di scrittori come Wu Ming. I personaggi sono “veri”, ma anche alti e quasi tolkieniani. Non è poco per un romanzo italiano».
Matteo Sacchi, Il Giornale
«È senza dubbio un’opera ben costruita, sotto tutti i punti di vista. La lettura è piena e avvolgente, come un buon vino: la parola è scelta con cura, senza indulgenze verso barocchismi e capriole stilistiche. I personaggi sono ben delineati, interagiscono in maniera credibile e vivono esistenze autonome.
La storia è bellissima. Tutto questo, però, non sarebbe sufficiente a giustificare un giudizio tanto positivo su di un romanzo: quello che lo determina è, piuttosto, l’universo i cui si muovono i protagonisti, la loro vista sul mondo, la loro anima, per così dire. Non si trovano marionette in questo libro: non c’è un demiurgo che muove le fila, antipaticamente onnisciente, dicendoti di guardare bene questo e quello, come troppo spesso accade in tanti romanzi italiani. È una storia raccontata senza mediazioni, come quando, intorno a un tavolo, dei vecchi amici rievochino aneddoti lontani nel tempo.
Una bella storia, insomma, piena di verità e di valori. E ha una qualità importantissima per un romanzo: alla fine, ti lascia un pochino più ricco, un pochino meno solo. E già questo merito basterebbe a consigliarne la lettura».
Il Foglio